Se Andy Warhol era il re di New York, Roma era di Schifano! A confermarlo è una grande esposizione che celebra Mario Schifano ad Asolo, sulla pop art e non solo
La mostra “Pop Art: Perché Roma?”, in corso al Museo Civico di Asolo (Tv) fino al 2 aprile, è un excursus su una delle più emblematiche correnti artistiche della storia del Novecento capitanata, in Italia, dal genio indiscusso di Mario Schifano con l’obiettivo di far dialogare le opere dell’arte moderna ospitate nella collezione permanente del Museo Civico con gli smalti grondanti e gli acrilici di un gruppo di ricercatori che venne poi conosciuto come la Scuola romana dell’avanguardia dei pittori “maledetti”.
La mostra, organizzata dalla Città di Asolo – Assessorato alla Cultura, dal Museo Civico e dall’agenzia MV Eventi di Lonigo (Vi) di Matteo Vanzan, e resa possibile grazie al prezioso supporto degli sponsor Cassa di Risparmio del Veneto, Settentrionale Trasporti, Piazzetta, Scarpa, Allianz Assicurazioni, Studio Bacchin e Associati, Tenuta Amadio, Progress Profiles e Abitare ad Asolo, sarà inaugurata sabato 16 dicembre alle ore 21.00 presso la Sala Consiliare del Municipio di Asolo con la presentazione di Francesco Boni e della curatrice d’arte Enrica Feltracco.
Mario Schifano ad Asolo
“È con rinnovato entusiasmo che Asolo, Città dai Cento Orizzonti, accoglie negli spazi del proprio museo il secondo evento legato alla Pop Art – afferma il Sindaco Mauro Migliorini – la mostra Andy Warhol: 30 years later ha presentato questa corrente artistica decisamente come il frutto della società e della cultura americana. Quest’anno l’intento è di offrire una riflessione sulla Pop Art italiana con la mostra Mario Schifano. Pop Art: perché Roma? L’augurio è che anche questo evento possa creare un dialogo tra passato, presente e futuro in grado di coinvolgere tutti noi emotivamente. Un ringraziamento ai privati che hanno sostenuto questa importante iniziativa, ai prestatori, ai curatori ed a tutti i collaboratori che hanno permesso di realizzare questo importante obiettivo”.
“Sarà stimolante – continua l’Assessore alla Cultura Gerardo Pessetto – scorgere la sua dimensione colta legata alle correnti artistiche della metafisica e del surrealismo e cogliere la differenza con quella americana. Siamo convinti che il ruolo del Museo di Asolo sia quello di continuare a progettare e valorizzare il proprio patrimonio e le proprie collezioni ma anche, grazie alla collaborazione con partner esterni, di farsi conoscere come luogo straordinario di cultura sul territorio nazionale ed internazionale non temendo di presentare eventi artistici che apparentemente non hanno legami con il proprio luogo e il proprio territorio. La città è tradizionalmente chiamata ad una vocazione culturale internazionale, artisticamente aperta, tesa nell’impegno per l’arte e la cultura viste come occasione di crescita e di sviluppo”.
“Una vita, quella di Mario Schifano – nelle parole della curatrice Enrica Feltracco – tormentata, come per molti suoi compagni dell’epoca, che rimane imprigionata nelle sue opere. Questa mostra allestita presso il Museo Civico di Asolo non racconterà solo di Mario Schifano, ma di tutti quelli che insieme a lui hanno stravolto prima Roma e poi il mondo dell’arte contemporanea italiana: non solo quindi con quella che viene definita semplicisticamente «pop» e che si associa sempre alla Scuola di Piazza del Popolo. È necessario un approccio completamente diverso verso la pop art italiana: a differenza di quella americana è totalmente intrisa della cultura, della vita, della quotidianità di quei turbinosi anni, pregni di una sorta di disperato ottimismo che ora ci appare irraggiungibile. La Pop italiana è più intima, forse più difficile da comprendere, meno diretta e urlata della sua patinata sorella americana”.
“Nella storia dell’arte assistiamo a diversi punti di rottura – conclude il curatore Matteo Vanzan, direttore artistico dell’esposizione – dal primo esempio riscontrabile in Giotto nella sua Cappella degli Scrovegni di Padova, passando per Caravaggio, Turner, Cézanne e, nel nostro caso, la Pop Art. Un gesto decisivo quello di Mario Schifano e del suo Monocromo, nel 1960, che pose fine all’apparentemente intramontabile Arte Informale. Una vera e propria chiave di volta tra due epoche che infuse un respiro liberatorio a tutti coloro che erano alla ricerca di una nuova dimensione espressiva. Proprio per questo, in fase di progettazione, si è decisa la commistione di stili, culture ed epoche piuttosto che la netta separazione tra la mostra e la collezione del Museo, come avvenuto nel caso di Warhol. Una scelta che offrirà ai visitatori i parametri per il confronto con i sostanziali cambiamenti che l’arte ha subito attraverso i secoli con una mostra che celebra i 10 anni dalla nascita della MV Eventi”.
Mario Schifano ad Asolo
Nato ad Homs (Libia) il 20 settembre 1934 e morto a Roma il 26 gennaio 1998, Mario Schifano è, come lo ricordò Goffredo Parise, “un uomo di trent’anni, di tipo sommariamente mediterraneo, se non arabo. In riposo il suo corpo, alto circa un metro e settanta, del peso di cinquantacinque chili, visto da angolazioni e distanze diverse, rivela anzitutto un languore felino, innocente ed attonito. Come un piccolo puma di cui non si sospetta la muscolatura e lo scatto”; ha esposto in tutto il mondo, partecipando a cinque Biennali di Venezia, di cui una con una sala personale curata da Achille Bonito Oliva; le sue opere sono esposte nei principali Musei nazionali ed internazionali. Considerato a buon titolo non solo uno tra i più grandi artisti del nostro dopoguerra, ma l’unico in grado di diventare personaggio autentico tra Dolce Vita e maledettismo di borgata, Mario Schifano ci ha fatto ben capire che fenomeni come lui non esistono più. Inutile andare a cercarli. Una pittura carica di significato e indissolubilmente legata alle proprie vicende personali (come la crisi esistenziale che lo colpì verso la fine degli anni settanta che superò attraverso il ritorno alla pittura più sfacciatamente materica dei Gigli d’acqua e dei Campi del Pane), nella quale il Monocromo rappresenta solo il punto di partenza per una nuova celebrazione dell’atto pittorico, ora fatto di percezione e realtà; l’opera di Schifano non si esaurisce nell’atto formale del dipingere, ma crea nuove regole d’azione e di pensiero filtrate dall’aggressione verso la tela-diario, monitor concettuale dell’intreccio tra arte e vita.
Il percorso espositivo continua attraverso le opere di Tano Festa, Giosetta Fioroni, Mimmo Rotella, Michelangelo Pistoletto, Franco Angeli, Renato Mambor Aldo Mondino, Mario Ceroli, Lucio del Pezzo, Cesare Tacchi, Umberto Bignardi, Concetto Pozzati e di tutti gli altri protagonisti della Scuola di Piazza del Popolo, offrendo una panoramica di una generazione di artisti che, al Caffè Rosati, discuteva influenzandosi a vicenda raccontando, nella loro purezza espressiva, il cambiamento di un’epoca dove televisione e radio erano il sottofondo tecnologico per la rivoluzione dello sguardo che tutti noi viviamo oggi. Grandi rivoluzionari? Forse sì, forse no, ma sicuramente dopo il loro passaggio, l’Arte non è più stata la stessa.
“Dopo il grande successo della mostra dedicata a Andy Warhol e alla Pop Art americana – conclude Cristina Mondin, direttrice del Museo Civico – il Museo ha scelto di completare il percorso ospitando la Pop Art italiana con Mario Schifano e le altre figure di spicco del movimento di Piazza del Popolo come Franco Angeli, Tano Festa, Mimmo Rotella e Renato Mambor. Artisti intrisi di quella cultura italiana che ha permesso al nostro paese di primeggiare nella pittura per secoli. Questa nuova mostra sarà all’insegna della contaminazione: le opere “pop” si mescoleranno tra i dipinti esposti nella pinacoteca del Museo, creando un percorso nuovo e dinamico”.