Palazzo Roverella propone una nuova, importante esposizione monografica su Marc Chagall
Una selezione esemplare di oltre cento opere, circa 70 i dipinti su tela e su carta oltre alle due straordinarie serie di incisioni e acqueforti pubblicate nei primi anni di lontananza dalla Russia, “Ma Vie”, 20 tavole che illuminano la sua precoce e dolorosa autobiografia, e “Le anime morte” di Gogol, il più profondo sguardo sull’anima russa della grande letteratura.
Le opere che verranno esposte a Palazzo Roverella provengono oltre che dagli eredi dell’artista, con un vasto e generoso prestito, dalla Galleria Tretyakov di Mosca, dal Museo di Stato Russo di S. Pietroburgo, dal Pompidou di Parigi, dalla Thyssen Bornemisza di Madrid e dal Kunstmuseum di Zurigo e da importanti e storiche collezioni private, con alcuni dei più grandi capolavori dalla “Passeggiata” all’”Ebreo in rosa”, a “Il matrimonio”, “Il Gallo”, “Guanto nero” e altri.
Una mostra importante, di preciso impianto museale, che non intende raccontare “di tutto un po’” ma sceglie un tema preciso e lo approfondisce attraverso una selezione dei suoi capolavori imprescindibili.
Il tema su cui la curatrice Claudia Zevi ha scelto di misurarsi è quello dell’influenza che la cultura popolare russa ha avuto su tutta l’opera di Chagall, con maggiore impatto realistico quando viveva nella Russia del primo ventennio del novecento, ma altrettanto prepotentemente, nelle figure di animali, case e villaggi, sempre presenti nei dipinti dei suoi lunghi anni successivi a Parigi, in America, nel sud della Francia.
Questa mostra intende analizzare in modo ampio e perfettamente documentato l’altro terreno di coltura della stessa iconografia dell’artista, ovvero la tradizione popolare, della Russia profonda. Un’iconografia fatta di religiosità, in cui si ritrovano echi dell’iconografia religiosa stratificatasi nelle icone e nelle vignette popolari dei lubki i cui personaggi come il gallo, le capre e le vacche che popolavano la quotidianità dei villaggi russi, ritroveremo anche nelle opere tarde di Chagall.
Questi elementi si metamorfizzano nell’opera di Chagall in una sorta di realismo poetico che attinge dalla tradizione della favola russa la propria sintassi espressiva, mentre deriva dal mondo ebraico e cristiano ortodosso la propria cifra intellettuale e spirituale.
La rielaborazione, attuata attraverso i fili della sua memoria, della cultura popolare russa con la sua ricchezza di immagini e di leggende, coniugata con il misticismo fantastico della tradizione chassidica, verranno a costituire l’armamentario specifico cui l’artista ricorrerà sempre, nel corso della sua lunga vita, per definire un linguaggio che ancora oggi è in grado di comunicare come pochi con la nostra sensibilità postmoderna.
Nelle sue opere i ricordi divengono “presenze”, popolano i suoi dipinti comparendo anche là dove non te li aspetti, come le capre o le isbe inserite nella rappresentazione di un bouquet che è a sua volta composto da fiori e da visioni.
Questa mostra intende porre in discussione anche il tema della posizione singolare che Chagall occupa nella storia dell’arte del XX secolo.
Senza mai confondersi con il dibattito delle avanguardie, la sua pittura tuttavia rimane sempre aperta alle esigenze del modernismo, ma senza necessitare di alcuna rottura con il mondo della memoria e delle forme tradizionali. Nella sua opera straordinaria e originalissima non viene mai a mancare l’esigenza utopica propria dell’avanguardia, senza mai interferire con il mondo delle emozioni e dell’affettività, che divengono, nella sua opera, un elemento di arricchimento e di originalissima definizione formale.
E così, pur scegliendo di vivere, come lui stesso dice ‘voltando le spalle al futuro’, Chagall si trova ad avere codificato un linguaggio e una sintassi espressiva che sopravvivranno, ben più delle avanguardie tradizionali del ‘900, al trascorrere del tempo e al modificarsi delle situazioni politiche e sociali del XX secolo.
E in tutto ciò la Russia rimane il luogo delle radici, della memoria di un amore che avverte deluso e che sogna potersi realizzare.
“Anche la mia Russia mi amerà”, sono le parole con cui conclude “Ma Vie”, l’autobiografia illustrata che Chagall pubblicò, appena trentaquattrenne, a Berlino all’inizio dell’esilio, consapevole che questa volta la separazione dalla Russia sarebbe stata definitiva.
La mostra, che si avvarrà della collaborazione della Fondazione Culture Musei e del Museo delle Culture di Lugano, è accompagnata da un ricco catalogo – a cura di Claudia Zevi – pubblicato da Silvana Editoriale, con saggi di Maria Chiara Pesenti, Giulio Busi, Michel Draguet e Claudia Zevi.
Foto credits: Chagall, SIAE