Dal 22 marzo al 2 settembre 2018 l’esposizione al Museo del Gioiello di Vicenza a cura di Paola Stroppiana: una celebrazione delle opere del grande scultore
Dai primi gioielli degli anni ‘50, con i quali partecipa alla Biennale di Venezia del 1956, la produzione orafa del Maestro Gio’ Pomodoro (Orciano di Pesaro 1930 – Milano 2002) si sviluppa autonoma e costante nei decenni, spesso anticipando gli esiti della pratica scultorea, per il quale è universalmente noto. Esplorando le potenzialità della forma e della materia, già a partire dal 1953 Pomodoro applica l’antichissima tecnica della fusione dell’oro colato negli ossi di seppia scavati in negativo, ottenendo delle particolari texture sulle superfici, esaltate come straordinario elemento decorativo. Le varie tipologie dell’oro, il rosa e il bianco, il misurato inserimento di pietre preziose, le filettature in oro bianco, i castoni a bordi rovesciati contribuiscono a caratterizzare fortemente i suoi gioielli, che dichiarano una forte componente organica e raccontano il passaggio dal figurativo all’Informale.
Dalla seconda metà degli anni ‘60 lo studio sul vuoto e sulle tensioni lineari, espresse nelle Superfici in Tensione e nelle Folle nella scultura, sono parimenti leggibili nei gioielli, dove è presente un’organizzazione segnica più mentale e rigorosa, con effetti di continuo movimento e tensioni di energia tra le superfici. Pomodoro seppe sfruttare appieno l’ampia conoscenza delle tecniche orafe apprese negli anni della formazione, applicate sia in autonomia sia in collaborazione con grandi artigiani orafi, in particolare con i Fusari, padre e figlio, di Graffignana presso Lodi, i Fumanti di Roma e il cugino Marcello Lissoni. Di questo periodo i gioielli prodotti per la GEM di Giancarlo Montebello, uno dei primi esperimenti di produzione industriale seriale.
Negli anni ‘70 prevale un maggiore geometrismo: all’elemento meccanico, arricchito da avvitature e cerniere, si affianca uno spiccato uso della cromia dato dall’uso di smalti, che diventeranno protagonisti degli esemplari degli anni ‘80, espressione di una visione più elaborata ed estrosa. I prototipi e le nuove ricerche degli anni ‘90 sulle pietre dure per la Cesari&Rinaldi portano il maestro ad una nuova stagione creativa, ricca di sperimentazione in termini di disegno e cromia.
– Paola Stroppiana –