A Pieve di Cadore un museo racconta la storia dell ‘occhiale in tutte le sue forme, dal monocolo veneziano alle griffe di oggi, tra storia, tradizione e design
Nel 1956, in concomitanza con i Giochi Olimpici Invernali a Cortina d’Ampezzo, fu inaugurata a Pieve di Cadore la prima “Mostra dell’occhiale attraverso i secoli“, poi riproposta nel 1959 all’Università di Padova. In quell’occasione, il curatore Enrico De Lotto auspicò l’istituzione di un Museo Nazionale dell’Occhiale in Cadore.
Il sogno dello studioso cadorino si sarebbe realizzato molti anni dopo la sua morte, anche grazie all’impegno di Vittorio Tabacchi, allora presidente della SAFILO, appassionato collezionista di occhiali, che si attivò per l’acquisizione di alcune importanti collezioni.
La storia dell’ occhiale, dunque, viene raccontata nel percorso espositivo del Museo che ha la funzione di raccogliere, studiare e conservare il patrimonio di oggetti, immagini, testimonianze scritte e orali riguardanti la storia dell’occhiale e di altri strumenti ottici nelle sue diverse declinazioni, e di documentare lo sviluppo dell’industria dell’occhiale e dei suoi annessi nella Provincia di Belluno. La valorizzazione di tale patrimonio e la divulgazione degli aspetti storico-culturali ad esso sottesi costituiscono un altro importante obiettivo di questa istituzione culturale.
Il Percorso del Museo
L’invito di Tomàs Maldonado a prendere sul serio la storia dell’ occhiale e degli altri strumenti ottici, sottolineandone la rilevanza nello sviluppo storico e sociale dell’Ottocento, è stato uno dei fili conduttori nell’ideazione del primo percorso espositivo del Museo. Le splendide collezioni di occhiali, astucci, strumenti ottici, binocoli, cannocchiali, hanno consentito di strutturare un racconto appassionante intorno a tutto ciò che le lenti, nelle loro diverse utilizzazioni, hanno rappresentato per l’uomo, almeno a cominciare dal Medioevo. Il visitatore viene accolto in uno spazio oscuro da un’enorme pupilla illuminata e da una sequenza di sguardi che svelano in seguito i volti a cui appartengono. Il percorso è ritmato dalla rappresentazione di alcuni temi importanti: la vista, le sue patologie e lo sviluppo dell’oculistica; la nascita degli occhiali correttivi nel secolo XIII e le dispute sulla paternità della loro invenzione; la presenza di un’industria veneziana, già fiorente nel 1300, per la produzione di lenti da occhiali e da ingrandimento in cristallo di rocca; la priorità della nascita degli occhiali da presbite su quelli da miope. Di particolare interesse è la riproduzione di un affresco del 1352, che ritrae Fra Ugone da Provenza, intento a leggere con occhiali da presbite.
L’iconografia che accompagna i reperti esposti in vetrina è di grande aiuto per seguire l’evoluzione dei materiali e delle forme: occhiali a snodo di osso, corno, legno e metallo; occhiali ad arco,da parrucca o da cappello; l’introduzione delle stanghette laterali rigide agli inizi del Settecento. L’evoluzione è notevole nei secoli XVIII e XIX, con materiali preziosi (metalli smaltati, corallo, madreperla, fanoni di balena, scaglie di tartaruga di mare) e forme condizionate dalla moda: occhialini da tenere in mano (face-à-main), veri e propri gioielli che possono anche essere racchiusi nel manico di un bastone, in un ventaglio, in una collana; stringinaso (pince-nez) e occhiali a stanghetta; monocoli da inserire direttamente nel cavo dell’orbita.
Il condizionamento della moda incombe sugli occhiali correttivi e protettivi del XX secolo, determinando nuove forme e colori, anche grazie alla diffusione di materiali innovativi (alluminio, nichel, celluloide, ebanite, resine sintetiche, monel e titanio).
Alla protezione degli occhi dagli agenti atmosferici e dagli inquinanti nelle fabbriche è dedicata una sezione che vede l’ostensione di diverse tipologie di occhiali: a fessura, usati dagli eschimesi; con lenti colorate e parasoli laterali, come i famosi occhiali veneziani “alla Goldoni”; con lenti di quarzo e ametista, a cui si riconoscevano proprietà terapeutiche in Oriente; con montature avvolgenti per riparare gli occhi degli operai durante il lavoro o gli sportivi.
Il Museo possiede una ricca collezione di astucci per occhiali: in avorio, pelle, oro, legno dipinto, filigrana d’argento. La parte finale del percorso è riservata all’esposizione di strumenti per vedere da lontano: binocoli corti e lunghi, cannocchiali. Pregevoli quelli veneziani in cartapesta dipinta o i piccoli binocoli francesi da teatro incrostati di smalti e materiali preziosi, e ancora i ventagli con stecche decorate di avorio o tartaruga bionda, al cui centro sono inseriti minuscoli cannocchiali corti.
Una piccola sezione accoglie strumenti ottici e apparecchi utilizzati con intenti ludico-didattici, come le lanterne magiche e gli stereoscopi.
Il secondo percorso documenta la peculiarità dello sviluppo del Distretto industriale dell’occhiale nella montuosa provincia di Belluno, a partire dalla fine del secolo XIX. La sagoma di un venditore di forbici, di occhiali e di altra mercanzia e il richiamo degli ambulanti cadorini a comprare pettini d’osso, introducono il visitatore a scoprire il contesto storico e culturale, fortemente connotato dalla mobilità e dall’emigrazione, in cui nacque il primo laboratorio di ottica a Calalzo di Cadore, grazie all’ingegno di Angelo e Leone Frescura Petenèr e di Giovanni Lozza. Immagini storiche, oggetti, documenti originali consentono di ripercorrere i primi decenni di sviluppo dell’industria in Cadore.
Il passaggio di proprietà del laboratorio ottico di Frescura e Lozza all’imprenditore milanese Enrico Ferrari, e la gestione dell’attività da parte di Ulisse Cargnel nei primi anni del Novecento, rappresentano la svolta decisiva verso la modernizzazione e l’industrializzazione del comparto. Nell’azienda si formarono capi reparto e personale specializzato, capaci di dar vita, fin dai primi decenni del XX secolo, a una serie di nuove fabbriche.
Alle aziende più antiche, il Museo ha riservato uno spazio di approfondimento, attraverso la ricostruzione di alcune tappe della loro storia. Accanto all’esposizione cronologica della produzione di occhiali e astucci, a immagini di lavoro, a fotografie che testimoniano anche l’evoluzione tipologica degli edifici industriali, sono stati ritagliati spazi dedicati a piccole ricostruzioni di ambienti: il banco da lavoro per la fabbricazione degli astucci, le vetrine di due negozi di ottica delle ditte S.A.F.I.L.O. e Lozza degli anni Quaranta-Sessanta. La produzione cadorina e bellunese, dagli anni Cinquanta del Novecento fino ad oggi, è esposta, secondo un ordine temporale, con accenni al design, al fenomeno delle griffes che, a partire dagli anni Novanta, hanno rivoluzionato il mondo della moda e degli occhiali, ai modelli che hanno caratterizzato il tessuto produttivo in Cadore (filiera a-centrata, secondo la definizione di Luigi Fontana), rispetto a quello dell’Agordino (costellazione di imprese). Questo percorso espositivo sulla storia dell’occhialeria bellunese, racchiude al suo interno uno spazio che accoglie la parziale ricostruzione di laboratori per la fabbricazione di astucci e di occhiali in celluloide e metallo tra gli anni Cinquanta e gli anni Sessanta del Novecento, nonchè il racconto degli aspetti sociali del lavoro (il ruolo della moanodopera femminile e infantile, la vita di fabbrica, le lotte sindacali).
Lo spazio è scandito da due grandi immagini di interni di fabbrica, affiancati da banchi per la lavorazione degli occhiali. Un filmato degli anni Quaranta sulla produzione di occhiali in celluloide, un documentario del 2007 sull’ultimo artigiano che in Italia si dedica alla fabbricazione degli occhiali di tartaruga e alcune brevi testimonianze di lavoratori, consentono di accedere a informazioni importanti sui materiali, sulle tecniche di produzione, sull’organizzazione del lavoro in fabbrica e sulle condizioni igienico-sanitarie.
Le collezioni e la storia dell’ occhiale
A partire dagli anni Cinquanta il medico cadorino Enrico De Lotto si dedicò allo studio dell’origine e dell’evoluzione dell’occhiale raccogliendo reperti e documenti che rimasero esposti negli anni successivi nella Scuola di Ottica a Pieve di Cadore, da lui fondata. La collezione era costituita dai materiali reperiti in Cadore e in area veneta e da circa 200 pezzi acquisiti dall’ottico genovese Fritz Rathschuler. Il De Lotto organizzò la prima “Mostra dell’occhiale attraverso i secoli” e diede alle stampe il volume Dallo smeraldo di Nerone agli occhiali del Cadore, che costituisce ancor oggi uno degli studi più documentati su questo argomento. La famiglia De Lotto, nel 1990, donò al Museo questa piccola, ma preziosa, collezione.
Nel 1987 fu acquistata dal Centro Servizi Occhialeria, grazie al sostegno finanziario della Regione del Veneto e tramite la Comunità Montana di Centro Cadore, la collezione di Georges Bodart, discendente da una rinomata famiglia di ottici belgi. Si tratta di 1600 pregevoli pezzi tra occhiali, lenti, astucci, binocoli, insegne, cannocchiali, ventagli, statuette e volumi d’epoca, provenienti soprattutto dalla Francia. L’arco temporale rappresentato dagli oggetti è compreso tra il XVI secolo e gli anni Cinquanta del Novecento. Qualche anno più tardi, nel 1998, il patrimonio oggettuale venne arricchito da materiali (tra cui numerosi esemplari di occhiali orientali) provenienti dalla raccolta dello studioso Luca Moioli.
Per documentare gli aspetti legati alla storia dell’ottica dal secolo XIX agli anni Sessanta del Novecento vennero acquisite, a fine anni ’90, la collezione dell’ottico parigino Jean Bernard Weiss, con materiali di prevalente provenienza tedesca, e quella della fabbrica di lenti dell’Esercito Italiano di Roma. Altrettanto importante per la documentazione dell’evoluzione tecnologica nella produzione di occhiali, astucci e lenti in Cadore tra la fine del secolo XIX e gli anni Sessanta del Novecento, è la collezione di Giuseppe Del Favero, di Calalzo di Cadore, diventata proprietà del Museo nel 2001. Si tratta di macchine, strumenti, prodotti semilavorati, occhiali e astucci raccolti a partire dai primi decenni del Novecento fino agli anni Sessanta.
Curiosità
Il Museo conserva tra le sue collezioni alcuni reperti veramente eccezionali, realizzati con materiali particolari e impensati: occhiali ricavati da un fanone di balena, cannocchiali in avorio intagliato e istoriato, quasi a sembrare un merletto, piccoli occhialini inseriti alle estermità di ventagli o nell’impugnatura di bastoni da passeggio.
E poi occhiali da cappello o da parrucca, in utilizzo quando le aste rigide non erano ancora state inventate. La sorprendente storia dell’occhiale merita di essere scoperta poco a poco, attraversando in successione la varie sale espositive del Museo.