L’Orto Botanico di Padova, fondato nel 1545 per la coltivazione della piante medicinali, è il più antico orto botanico al mondo ancora situato nella sua collocazione originaria
L’ Orto botanico di Padova fu fondato nel 1545, il più antico orto botanico al mondo ed è situato in un’area di circa 2,2 ettari, dal 1997 inserito nella lista dei Patrimoni dell’umanità dell’Unesco.
La storia
L’Orto Botanico di Padova è stato in continua attività nelle sue funzioni fin da quando fu creato. Conserva ancora la sua forma originale, con un nucleo centrale circolare, che simboleggia il mondo, intorno cui corre un anello d’acqua. Benché altri elementi siano stati aggiunti in seguito, incluse alcune componenti architettoniche, quali ingressi ornamentali e balaustrate, e funzionali, come sistemi idraulici di pompaggio e serre, ha comunque mantenuto la sua autenticità. Lavori di restauro sono stati compiuti nel XIX e nel XX secolo, nel pieno rispetto delle caratteristiche e dei materiali originali. Le modifiche apportate alla forma originale hanno tenuto il passo con gli sviluppi nelle teorie e pratiche di botanica e orticultura, ma nel complesso chiaramente mantiene la struttura iniziale. Il giardino continua ad assolvere, oggi come ieri, il suo compito di centro per la ricerca scientifica.
All’epoca della sua istituzione, le piante (i cosiddetti «semplici» vegetali) entravano nella composizione della quasi totalità dei medicamenti, e ciò spiega perché presso lo Studio patavino fosse stato istituito già dal 1533 un insegnamento specifico, denominato Lectura simplicium.
Nel Cinquecento sussistevano numerose incertezze circa l’identità di molte piante medicinali; di conseguenza, era frequente l’uso di essenze sbagliate, talvolta anche tossiche, come pure frequenti erano le pratiche fraudolente di sofisticazione, che riguardavano specialmente le droghe esotiche, costose e poco conosciute. A seguito delle pressanti richieste, da parte di docenti e studenti, di integrare l’insegnamento teorico di Lectura simplicium con dimostrazioni pratiche delle piante medicinali dal vivo, il consiglio dei Pregadi della Serenissima Repubblica di Venezia deliberò a larga maggioranza l’istituzione di un Horto medicinale annesso allo Studio patavino. Per la Serenissima, l’iniziativa rispondeva a oggettive esigenze di tutela della salute pubblica, ma anche al desiderio di promuovere il livello della didattica dello Studio, cosa che avrebbe attirato un gran numero di studenti, con conseguenti benefici economici.
Il terreno prescelto per la realizzazione dell’Orto medicinale, di proprietà del monastero benedettino di Santa Giustina, si trovava all’interno di un vasto quadrante urbano scarsamente edificato, a prevalente destinazione agricola. L’ideazione dell’impianto fu il risultato di accordi tra numerosi protagonisti (committenti, politici, docenti). Alle scelte progettuali partecipò anche Daniele Barbaro, colto patrizio veneziano, che tradusse il De Architectura di Vitruvio, e commissionò a Palladio la celebre villa di Maser, mentre direttore dei lavori fu Andrea Moroni, responsabile della fabbrica cinquecentesca di Santa Giustina, autore del celebre ‘cortile pensile’ nel palazzo municipale che porta il suo nome.
L’originalità del sistema architettonico, realizzato per l’esposizione secondo principi di corrispondenza tra morfologia e funzione, dettati da esigenze di efficacia didattica, spiega perché l’Orto medicinale di Padova sia subito diventato un modello ispiratore per analoghe istituzioni, in Italia e in Europa.
Il progetto prevedeva un orto a pianta circolare, con all’esterno un edificio anulare impostato su campate continue, da utilizzare come serra nei mesi invernali e come deambulatio riparata nel periodo delle lezioni. All’interno, un quadrato inscritto nel cerchio, suddiviso da due viali ortogonali, orientati secondo i punti cardinali, in quattro quadrati o «quarti», denominati anche «spalti» perché sopraelevati rispetto ai viali, al fine di consentire una più agevole osservazione delle piante che vi erano coltivate, ciascuna in aiuole disposte secondo un elegante disegno, diverso nei quattro quadrati. Unico elemento mai realizzato in seguito fu il portico anulare, mentre tutte le altre parti della struttura furono compiute in varie fasi, nel corso del Cinquecento. Nel Seicento vennero eseguiti lavori di manutenzione della casa del prefetto e di quella del custode, e fu realizzato un idroforo esterno al complesso (1624), nel tentativo di risolvere i problemi di rifornimento idrico.
Alla fine del Seicento e durante tutto il Settecento l’assetto cinquecentesco subì una serie di modifiche, dettate da esigenze di migliorare l’efficienza funzionale e dall’opportunità di un aggiornamento formale delle strutture architettoniche e decorative, danneggiate da eventi atmosferici. Furono costruiti i quattro portali di accesso a piloni bugnati con acroteri, il muro circolare fu abbellito con una balaustra marmorea sormontata da busti. La quota dell’orto circolare fu livellata e portata più o meno al piano di calpestio attuale, il numero delle aiuole fu aumentato, senza tuttavia stravolgere le caratteristiche salienti dell’impianto cinquecentesco, furono costruite nuove vasche e fontane. Nel 1756 venenro realizzate due grandi serre mobili, addossate al muro circolare rivolto a sud; le serre erano sostenute da pali di legno, avevano pareti di vetro e copertura di tegole. Fu ricostruita nel 1759 la casa dei custodi; dopo il 1767 fu ricostruita anche la casa del prefetto. A partire dalla fine del Settecento, si iniziò ad utilizzare per le collezioni botaniche anche il terreno esterno all’orto circolare, con l’impianto di un arboretum. Nell’Ottocento, una serie di edifici fu costruita lungo il canale Alicorno dietro la casa del prefetto.
L’Orto poteva contare su un primo nucleo di sette serre stabili in muratura, dotate di un impianto di riscaldamento all’avanguardia per i tempi, e nel 1842 di un’aula a emiciclo per le lezioni. Furono in seguito costruite altre serre in muratura, una delle quali, poligonale e di notevole altezza, destinata a ospitare un esemplare di Araucaria excelsa, che in precedenza veniva protetta dai rigori invernali con una singolare serra mobile, che ricordava una pagoda. Nell’Ottocento fu pure costruita una serra per la storica «Palma di Goethe», e si apportarono migliorie all’impianto di irrigazione.
Nel Novecento le esigenze della ricerca e della didattica portarono alla realizzazione di laboratori e all’ampliamento della biblioteca, con l’utilizzazione di alcuni spazi in precedenza adibiti a serre. In particolare, dalla grande serra dell’Araucaria furono ricavati laboratori per le esercitazioni pratiche, spazi per studi e per l’ampliamento dell’erbario.
Il problema dell’approvvigionamento idrico dell’Orto fu risolto con l’escavazione di un primo pozzo artesiano, sostituito negli anni Cinquanta da un nuovo pozzo profondo circa 300 metri.
L’ultimo grande intervento, di recente concluso, ha visto nascere il nuovo Giardino della Biodiversità, attraverso il recupero e il modernissimo allestimento di un’area contigua all’Orto antico, di eccezionale rilievo.
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La Palma di Goethe
Messa a dimora nel 1585 è attualmente la pianta più vecchia presente nell’orto botanico patavino, nota universalmente come “Palma di Goethe” da quando il poeta tedesco dopo averla ammirata nel 1786, formulò la sua intuizione evolutiva nel “Saggio sulla metamorfosi delle piante” pubblicato nel 1790. Situata in un’apposita serra ottagonale presso la Porta Nord, nel settore delle piante medicinali. I suoi vari fusti raggiungono l’altezza di 10 metri.
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