Fino al 15 luglio 2018, Palazzo Pretorio ospita la mostra “Sirio Luginbühl: film sperimentali”, curata da Guido Bartorelli e Lisa Parolo, che sono anche curatori del relativo catalogo
La mostra è proposta a conclusione del progetto di digitalizzazione e preservazione del fondo filmico privato del film-maker Sirio Luginbühl (Verona, 1937 – Padova, 2014), donato dalla moglie Flavia Randi e dalla figlia Cecilia al Centro Sperimentale di Cinematografia – Cineteca Nazionale (CSC-CN). Il progetto di digitalizzazione e preservazione è stato finanziato dal CSC-CN e condotto dal Laboratorio La Camera Ottica dell’Università degli Studi di Udine.
«Il luogo era una discarica, i cumuli pulverulenti avevano colorazioni che andavano dal bianco abbacinante, al violetto, al rossiccio. I personaggi ancora una volta un ragazzo e una ragazza che non si erano mai visti prima di quell’occasione, entrambi avvenenti e che non erano al corrente di quel che avrebbero dovuto fare. Doveva essere una sorpresa anche per loro e così è stato. Chiedemmo ad entrambi di spogliarsi e di baciarsi. Accettarono. E in un silenzio tombale, carico di tensione cominciammo a girare su una collinetta di residui. I ragazzi iniziarono a baciarsi circondati da operatori, fotografi e qualche giornalista. Era una giornata di luglio caldissima, si sentiva solo il ronzio della cinepresa, il clic dei fotografi e i latrati dei cani in lontananza. Ci si poteva amare in un ambiente così ostile e violento?»
Sirio Luginbühl
La mostra “Sirio Luginbühl: film sperimentali” presenta i capolavori su pellicola del film-maker padovano. S’intende così contribuire alla trasmissione di quel patrimonio di idee, invenzioni visive e testimonianze storiche trasmessoci dal cinema sperimentale e, nello specifico, da uno dei suoi maggiori protagonisti.
Sirio Luginbühl, attento osservatore delle avanguardie internazionali e testimone più che consapevole del suo contemporaneo, rappresenta una figura chiave nel panorama del cinema sperimentale e d’artista; nella sua variegata produzione è riuscito a fondere insieme avanguardia, ironia ed erotismo, ricoprendo il ruolo di osservatore attento e a volte malizioso della realtà; dalla politica alla liberazione sessuale, dalla lotta di classe al femminismo. Luginbühl ha tradotto alcuni dei temi salienti che hanno caratterizzato il dibattito pubblico degli anni Sessanta – Settanta in un linguaggio all’avanguardia, moderno e provocatorio.
Il ventennio Sessanta – Settanta segna per l’Italia e per il mondo un passaggio fondamentale che nell’arte si manifesta nella messa in discussione delle forme artistiche tradizionali, che saranno sostituite da un’idea di arte come azione, verso (e attraverso) la smaterializzazione dell’oggetto artistico (di consumo).
Il lavoro di Luginbühl s’inserisce a pieno in questo contesto “rivoluzionario” che caratterizza in questi anni anche la scena artistica padovana. Infatti, gli anni Sessanta vedono la nascita a Padova del Gruppo N che comprende come maggiori esponenti Alberto Biasi, Ennio Chiggio, Toni Costa, Edoardo Landi e Manfredo Massironi; poesia concreta, neo-avanguardia letteraria, sperimentalismo, approccio scientifico e gestaltico e lavoro collettivo costituiscono le premesse dei nuovi linguaggi artistici cui Luginbühl assiste da vicino.
Partendo quindi da questi iniziali punti di riferimento, il film-maker padovano comincia tra il 1964 e il 1965 a dedicarsi alla realizzazione di spettacoli teatrali e sperimentali e all’organizzazione di azioni live, definite happenings, che “sconvolgono” la città di Padova in più occasioni.
La caratteristica effimera degli happenings successivamente (1968) porta Luginbühl a privilegiare il film come tecnica principale della sua espressione artistica. In linea con le tendenze rivoluzionarie dell’epoca, con i suoi film Luginbühl vuole sconcertare, scandalizzare, stupire e superare il limite del cosiddetto “buon gusto” attraverso l’uso della sessualità, della pervasività degli annunci pubblicitari, del sangue come simbolo di morte e di lotta sociale, ossia alcuni dei temi ricorrenti nella sua vasta produzione.
La sperimentazione di Luginbühl si trova nel processo creativo, ossia nell’idea, nella scelta delle ambientazioni, nel coinvolgimento degli attori, nell’immediatezza della ripresa e, più di tutto, nel trattamento finale e nel montaggio della pellicola sviluppata, nel quale Luginbühl esprime le fratture narrative e linguistiche apprese dai poeti e artisti della neo-avanguardia; infatti sono gli interventi di post-produzione sulla pellicola, oltre che alla valenza concettuale e storica dei suoi lavori, a rendere i suoi film sperimentali, astratti e realisti allo stesso tempo.
«Il nostro è un cinema che si differenzia, un cinema che vuole essere un ritorno alla natura, che vuole suscitare una valida tematica nell’animo dello spettatore, che vuole ricominciare di nuovo» – Sirio Luginbühl
Il cinema sperimentale, stretto tra film d’artista e video arte, ha patito la difficoltà di ottenere una visibilità adeguata, non conosciuto dal pubblico nel modo come merita; ciò perché storicamente questa tipologia di cinema ha mirato a diffondersi nell’ambito cinematografico, dominato dalla normale programmazione commerciale, dove ha dovuto accontentarsi di sporadiche proiezioni – quel giorno alla data ora – in cineclub o festival dedicati. Al confronto, gli artisti che si sono dedicati all’immagine in movimento hanno potuto avvantaggiarsi di un sostegno più efficace, anche di tipo istituzionale, da parte di gallerie, musei e biennali.
Oggi il sistema espositivo-museale sta cominciando a prendersi carico dei film sperimentali e così fa Palazzo Pretorio presentando al pubblico l’opera di straordinario interesse di Sirio Luginbühl.
Ogni sala di Palazzo Pretorio ospiterà una proiezione a loop di un film. Il visitatore sarà lasciato libero di gestire da sé la visione, entrando e uscendo indipendentemente dalle sale, senza però compromettere la fruizione completa in quanto i film di Luginbühl sono caratterizzati da un andamento non consequenziale/narrativo. Inoltre, l’esposizione a loop di filmati brevi ma intensi, sia per la costruzione delle immagini che per la pregnanza semantica, permetterà al visitatore di penetrare in una complessità altrimenti sfuggente.
Allo stesso tempo, la massima cura è volta a offrire al pubblico le avvertenze e gli strumenti per non cadere nell’equivoco di avere di fronte della video-arte. Allo scopo sarà presentata in mostra la meravigliosa tecnologia del cinema, resa ormai obsoleta dall’avvento del digitale. Il pubblico potrà quindi ammirare – probabilmente per la prima volta nel caso dei nativi digitali – un vecchio proiettore, osservarne il funzionamento, ascoltare il “rumore” prodotto, scoprire la “materialità” della proiezione da pellicola, soggetta con il passare del tempo ai suoi tipici segni di usura; il visitatore quindi verrà a contatto anche con la componente sensoriale che entra in gioco nella magia del cinema.
Per rendere l’esperienza più significativa, la mostra metterà a disposizione del visitatore uno spazio laboratoriale, a cura di Home Movies- Archivio Nazionale del Film di Famiglia (Bologna), dove si potranno toccare con mano i vari formati delle pellicole, agire su di esse guidati da operatori e scoprire ciò che ne risulta nella proiezione.
Infine, per agevolare la ricostruzione del contesto di influenze e scambi in cui ha operato Sirio Luginbühl, sarà proposto un ricco ciclo di proiezioni di film d’artista e sperimentali dei maggiori protagonisti internazionali (con prestiti provenienti da Light Cone, Parigi, dal MoMA di New York, dall’olandese Groninger Museum, dalle collezioni degli artisti): Andy Warhol, Stan Brakhage, Gerry Schum, il gruppo Fluxus (George Maciunas, Nam June Paik, Wolf Vostell, Yoko Ono e altri), Paolo Gioli, Michele Sambin.
«Per il film-maker il film è come un figlio, prodotto comunque di un atto d’amore, di un orgasmo cinematografico».
Sirio Luginbühl
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